Piano A e Piano B

Stamattina, mentre preparavo e avviavo la mia giornata con la radio accesa sintonizzata su una nota emittente ho sentito la speaker che introduceva il tema della mattina: parlava di piano A e piano B.
Mi spiego meglio: ha attirato la mia attenzione la storia di un taxista che guidando imitava le movenze di un batterista. Questa era la sua passione. Ma il taxi il suo lavoro. Infatti la musica difficilmente è vista come "lavoro". E difficilmente consente di guadagnarsi da vivere, per cui resta spesso un hobby, un secondo lavoro o un piano B.
Il piano B è spesso qualcosa che attira, piace di più ma non da sicurezza, non si ha modo o tempo di dedicarcisi pienamente e purtroppo resta un sogno irrealizzato, lì, nel cassetto. O anche fuori, a prender polvere e a ricordarci che è lì. A darci solo qualche assaggio di soddisfazione che però non ci basta.
La conduttrice per prima ha ammesso che in molti le hanno consigliato all'inizio della sua carriera di lasciar perdere l'idea di fare la cronista musicale, ma lei non ha "mollato" e invita gli altri a non farlo. Infatti ora è in radio a parlare, fa ciò che le piace ed è il suo lavoro. A tal proposito invita gli ascoltatori a prender coraggio e raccontare la loro esperienza.
Spesso in effetti si ha la tendenza di coltivare con impegno e devozione un piano A percepito come più sicuro, più ben visto socialmente (amici e parenti soprattutto), più remunerativo e spesso più "dentro i binari" - spesso qualcosa che somiglia al tanto amato "posto fisso".
Il piano B invece spesso è "sull'onda dell'ultima spiaggia", attira, ispira i sogni e spesso rispecchia i propri ideali, presumibilmente remunerativo ma percepito non sicuro e difficile da realizzare.
Il difficile da realizzare è tipico del piano B, perché meno comune, impegnativo, spesso richiede le tre "I" che amo tanto INIZIATIVA, INVENTIVA E IMPEGNO.
Tutte e tre in proporzioni variabili.
Non dico che sia giusto scegliere il piano A o il piano B o se sia giusto decidere di avere un piano B oppure no.
Il piano B talvolta non è un sogno ma soltanto un paracadute.
Ci sono anche persone che fanno sì che il piano B sia il privilegiato e il piano A il paracadute (su cui investire maggior tempo ma forse meno risorse): mi viene in mente l'artista che per "campare" fa l'impiegato. E fa le serate, o le mostre, dipende dall'arte :)
Non si sa quale sia giusto o sbagliato, vorrei solo farvi riflettere su un concetto che mi ricorda una mia insegnante: il principio di Pareto.
Pareto, un noto economista italiano sostiene che circa l'80% dei risultati o effetti sono dovuti al 20% degli sforzi o cause. Secondo questa regola sarebbe sufficiente l'80% degli sforzi per avere il 20% dei risultati. Sintetizzando il concetto è piuttosto chiaro: basta "poco" se ben fatto, preciso e funzionale per avere "molto".
Il più è decidere su cosa puntare, dedicarsi a cosa e in che misura e darsi degli obiettivi.
Per raggiungere degli obiettivi è infatti importante averli. E delinearli.
Sarebbe come se pensassimo di imparare a tirare con l'arco senza avere il bersaglio.
Certo, vedi quanto tiri lontano, se tiri "dritto"... ma la mira? Il risultato dove sta?
Per affinare la capacità ci vuole un bersaglio, affinché i risultati siano ben visibili e sia possibile lavorarci su.



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